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Il carcinoma mammario rappresenta una delle neoplasie più diffuse nella popolazione femminile a livello globale, con oltre 2 milioni di nuovi casi diagnosticati nel 2018 (ref). La gestione di questa patologia non si limita ai trattamenti oncologici convenzionali, ma include anche interventi legati allo stile di vita, come la nutrizione, che inevitabilmente gioca un ruolo cruciale nella prevenzione e nella gestione di questa malattia.
Le evidenze scientifiche indicano che il tema della nutrizione e cancro al seno non è un accessorio, ma un tema cruciale ed essenziale per migliorare l’efficacia terapeutica e ridurre il rischio di recidiva.
La Dieta Mediterranea: Un Approccio Protettivo
Tra i diversi modelli alimentari esaminati per studiare il rapporto tra Nutrizione e Cancro al seno, la dieta mediterranea continua a distinguersi come una delle più promettenti strategie nutrizionali per la prevenzione del carcinoma mammario. Come è a tutti noto la dieta mediterranea si caratterizza per un consumo abbondante di alimenti di origine vegetale, tra cui frutta, verdura, legumi, cereali integrali, e per l’utilizzo di olio extravergine d’oliva come principale fonte di lipidi. L’apporto di proteine animali è limitato e prevede una spiccata preferenza per pesce e carni bianche, mentre l’assunzione di carni rosse e di prodotti alimentari processati è ridotta al minimo. La dieta mediterranea sembra essere inversamente associata all’incidenza e alla moratlità per cancro al seno (ref) anche se maggiori studi probabilmente sono necessari per confermare questa condizione. A proposito di questo tipo di dieta i suoi componenti principali sono, in varia misura, implicati nella modulazione dell’incidenza di cancro al seno. Vediamoli sinteticamente singolarmente.
Olio Extravergine d’Oliva
L’olio extravergine d’oliva, come sappiamo, rappresenta la principale fonte di grassi nella dieta mediterranea ed è ricco di acidi grassi monoinsaturi e composti fenolici. Questi ultimi hanno proprietà antiossidanti e antinfiammatorie che contribuiscono a ridurre il rischio di sviluppo del carcinoma mammario. Tra gli studi più rilevanti relativamente a nutrizione e cancro al seno c’è lo studio EPIC-Europe (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition). Si tratta di uno dei più grandi studi di coorte al mondo, con oltre mezzo milione di partecipanti reclutati in 10 paesi dell’Europa occidentale. Lanciato negli anni 90 dura da oltre trent’anni studia diverse popolazioni europee per indagare le relazioni tra dieta, nutrizione, stile di vita e fattori ambientali e l’incidenza del cancro e di altre malattie croniche. Tra i numerosissimi dati che questo studio ha evidenziato nel tempo si è visto che un aumento del 5% delle calorie da Olio Extravergine di Oliva è stato associato a una riduzione del 28% di rischio di cancro al seno.
Frutta e Verdura
La dieta mediterranea prevede un’abbondanza di frutta e verdura, fonti ricche di polifenoli, vitamine, minerali e fibre. I polifenoli, in particolare i flavonoidi, svolgono un ruolo essenziale come agenti antiossidanti e hanno azione antinfiammatoria. Uno studio danese pubblicato su Nature Communication ha evidenziato la riduzione del rischio di morte per cancro in chi consuma adeguate quantità di flavonoidi. In particolare questo studio ritiene che la dose sufficiente con azione preventiva di flavonoidi sarebbe di 500 mg al giorno. Si tratta di una quantità assolutamente fattibile considerando che già una mela fornisce questo quantitativo di flavonoidi. Polifenoli dei mirtilli sono stati studiati e sembrano essere in grado di modulare l’insorgenza di cancro al seno e il rischio metastatico attraverso l’attività regolatoria sull’IL-6.(ref). L’assunzione regolare di verdure crucifere, come broccoli e cavoli e di verdure giallo-arancioni è stata inoltre associata a una riduzione del rischio di cancro al seno (ref).
Tuttavia una meta-analisi che ha esaminato 15 studi prospettici ha evidenziato solo una debole associazione tra il consumo di frutta e verdura insieme (ma non di sola verdura) con la riduzione del rischio di cancro al seno (ref).
Carboidrati e Indice Glicemico
La relazione tra carboidrati, nutrizione e cancro al seno è un argomento complesso che la ricerca scientifica sta ancora cercando di chiarire completamente. Gli studi si sono concentrati su diversi aspetti: la quantità totale di carboidrati assunti, i tipi specifici di zuccheri, e due importanti indicatori della qualità dei carboidrati – l’indice glicemico (GI) e il carico glicemico (GL). L’indice glicemico misura quanto rapidamente un alimento contenente 50g di carboidrati fa aumentare la glicemia, mentre il carico glicemico considera sia l’indice glicemico che la quantità totale di carboidrati presenti nell’alimento assunto. Il carico glicemico è di fatto considerato un indicatore più affidabile per prevedere la risposta glicemica e insulinemica dopo un pasto.
Una recente meta-analisi ha evidenziato un modesto aumento del rischio di cancro al seno (circa 6%) nelle donne in post-menopausa che seguono una dieta ad alto indice glicemico, mentre non è stato osservato lo stesso effetto nelle donne in pre-menopausa. Questa associazione sembra essere più marcata nei tumori che non esprimono i recettori ormonali (ER- e/o PR-), sebbene i risultati non siano statisticamente significativi.
Per quanto riguarda il carico glicemico e l’assunzione totale di carboidrati (studiata in un range tra 112,3 e 343,5 g/giorno), la maggior parte degli studi non ha rilevato un aumento del rischio generale di cancro al seno. Tuttavia, quando i dati vengono analizzati in base allo stato dei recettori ormonali, emerge un’associazione significativa per i tumori ER- e/o PR-, sia nelle donne in pre che in post-menopausa. Non è stata invece trovata alcuna correlazione con l’assunzione di zuccheri in generale o di fruttosio con l’aumento di incidenza di cancro al seno, e il BMI non sembra modificare queste associazioni.
Nutrienti Chiave e Meccanismi Molecolari
Tra i micronutrienti chiave potenzialmente implicati nel rapporto tra nutrizione e cancro al seno troviamo gli acidi grassi omega-3, in particolare EPA e DHA, sono noti per aumentare la sensibilità alla chemioterapia, ridurre gli effetti collaterali dei trattamenti, e preservare la massa muscolare durante il decorso della malattia (ref). Relativamente ai meccanismi molecolari che coinvolgono gli omega-3 possiamo dire che il primo meccanismo di azione è legato alla loro struttura chimica: essendo acidi grassi altamente insaturi, EPA e DHA si incorporano rapidamente nelle membrane delle cellule tumorali, alterandone l’integrità e modificando l’attività di importanti proteine coinvolte nei processi di sopravvivenza e morte cellulare.
Un secondo meccanismo riguarda la loro capacità di generare livelli letali di specie reattive dell’ossigeno (ROS) nelle cellule tumorali, inibendo al contempo le loro difese antiossidanti. Questa azione “selettiva” è particolarmente rilevante perché può aumentare l’efficacia delle terapie convenzionali, soprattutto nei tumori resistenti ai trattamenti.
I risultati della ricerca clinica in questo senso sono incoraggianti: uno studio di fase II su pazienti con cancro al seno metastatico ha dimostrato che la supplementazione con DHA (1,8 g/giorno) durante la chemioterapia è sicura e potenzialmente benefica, migliorando la sopravvivenza libera da malattia e riducendo alcuni effetti collaterali come anemia, trombocitopenia e tossicità gastrointestinale (ref).
I fitoestrogeni, derivati principalmente dalla soia, sono stati al centro di dibattiti scientifici per il loro possibile ruolo nel cancro al seno. Tuttavia, le attuali evidenze supportano un’assunzione sicura di isoflavoni (10-20 mg/die), che risulta essere persino benefica per le pazienti con carcinoma mammario.
Il Ruolo dei Prodotti a Base di Soia
I prodotti a base di soia contengono isoflavoni, che sono composti fitoestrogenici in grado di imitare debolmente gli effetti degli estrogeni naturali competendo per il legame con i recettori estrogenici. Questa loro azione li ha fatti ritenere, soprattutto tramite studi in vitro o su modello murino, dei composti oncogenici potenzialmente in grado di imitare l’azione degli estrogeni e stimolare la proliferazione cellulare nei tumori al seno sensibili agli estrogeni.Tuttavia i prodotti a base di soia potrebbero in realtà avere anche proprietà anti-carcinogeniche e anti-ossidanti come la capacità di indurre l’apoptosi cellulare e inibire la neoangiogenesi (ref). L’interesse scientifico verso questi alimenti è cresciuto molto anche in seguito alla scoperta che le popolazioni con un consumo abituale di soia, come quelle asiatiche, presentano un’incidenza più bassa di carcinoma mammario rispetto alle popolazioni occidentali. Su questo tipo di relazione ci sono ancora poche evidenze scientifiche. Una recente analisi su oltre 9000 donne guarite dal cancro al seno negli Stati Uniti e in Cina non ha mostrato significative associazioni tra l’assunzione di soia (10 mg di isoflavoni al giorno) e la riduzione della mortalità mentre questa associazione era statisticamente significativa per la riduzione del rischio di recidiva del cancro al seno.
Altri studi hanno dimostrato che l’assunzione di un quantitativo di isoflavoni maggiore di 10 mg/giorno correlava con una diminuzione del rischio di mortalità per tutte le cause ma solo per le donne con tumore del seno non sensibile agli estrogeni (Hormone Receptors Negativi ER- e PR-) (ref).
In generale un’assunzione di prodotti a base di soia per circa 30 gr. al giorno può rappresentare un potenziale beneficio per donne affette da cancro al seno mentre la supplementazione di soia in questi casi clinici dovrebbe essere evitata.
Obesità e Mortalità per Cancro al Seno
Un intervento nutrizionale efficace richiede una valutazione iniziale completa da parte del biologo nutrizionista. Tale valutazione comprende l’analisi della composizione corporea, lo screening dei sintomi correlati ai trattamenti oncologici e una valutazione dettagliata delle abitudini alimentari della paziente. Questa fase preliminare è essenziale per identificare deficit nutrizionali specifici e per costruire un piano dietetico personalizzato che supporti sia il trattamento oncologico che il benessere complessivo della paziente. Nutrizione e cancro al seno sono due concetti che hanno la reale necessità di essere considerati simultaneamente sempre per il bene del paziente.
L’eccesso di peso o obesità è stato associato a un rischio maggiore di incidenza e recidiva del carcinoma mammario. Infatti uno studio ha analizzato oltre 200.000 sopravvisute al cancro al seno e 23.182 decedute. Lo studio ha evidenziato che esiste una correlazione tra il BMI e la sopravvivenza nel cancro al seno. In particolare incrementi di BMI pari a 5 kg/m2 dopo meno di 12 mesi dalla diagnosi si associano con un rischio di mortalità aumentato del 14% mentre incrementi che si verificano dopo 12 o più mesi dalla diagnosi si associano a aumento della mortalità del 29%. Nelle donne in post meno pausa infine si è rilevata una associazione positiva molto significativa tra la circonferenza vita e la mortalità per cancro al seno (ref, ref).
Conclusione
L’intervento nutrizionale nel carcinoma mammario rappresenta un elemento cardine che, se implementato correttamente, può migliorare la tolleranza ai trattamenti oncologici, ridurre il rischio di recidiva e ottimizzare la qualità della vita delle pazienti. Per questo è molto importante che i professionisti della nutrizione restino costantemente aggiornati sulle nuove evidenze scientifiche e affinino le proprie strategie terapeutiche per garantire il miglior supporto possibile alle pazienti. Un approccio basato sulle evidenze (evidence-based) è come sempre fondamentale per assicurare che ogni paziente riceva il supporto nutrizionale più appropriato ed efficace, contribuendo non solo al prolungamento della sopravvivenza, ma anche alla promozione della salute a lungo termine.