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L’obesità: l’epidemia silenziosa. Approcci nutrizionali e farmacologici attuali.

donna obesa poetica

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L’obesità rappresenta una delle principali sfide sanitarie del nostro secolo, con una prevalenza che è in costante aumento a livello globale. Questa condizione, caratterizzata da un accumulo eccessivo o anomalo di tessuto adiposo, non è mai stata semplicemente una questione di estetica o di stile di vita come troppo spesso ritenuto, ma una vera e propria malattia cronica con profonde implicazioni per la salute individuale e pubblica.
La complessità dell’obesità risiede nella sua natura multifattoriale, che coinvolge aspetti genetici, ambientali, comportamentali e socioeconomici. Questa complessità si riflette nelle numerosissime comorbidità ad essa associate, tra cui il diabete mellito di tipo 2, le malattie cardiovascolari, l’osteoartrosi e alcune forme di cancro. L’impatto dell’obesità si estende ben oltre l’ambito individuale e rappresenta un onere molto impattante sui sistemi sanitari e sulle economie nazionali.

Cenni Epidemiologici sull’Obesità

Come ho già anticipato l’obesità rappresenta oggi una delle più urgenti sfide di salute pubblica a livello globale. Negli ultimi decenni, la sua prevalenza ha subito un incremento allarmante, configurandosi come una vera e propria epidemia. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dal 1975 la prevalenza dell’obesità è quasi triplicata, arrivando a colpire oltre 650 milioni di adulti nel 2016 (Ref). Questo trend non mostra segni di rallentamento, con proiezioni che indicano un ulteriore aumento nei prossimi anni.
In Europa, la situazione non è meno preoccupante. Si stima infatti che circa il 23% degli adulti europei sia affetto da obesità, con percentuali che variano significativamente tra i diversi paesi. In alcune nazioni, la prevalenza dell’obesità potrebbe raggiungere il 40% della popolazione adulta entro il 2025 (Ref). Questi dati non solo evidenziano la gravità del problema, ma sottolineano anche l’urgenza di interventi mirati ed efficaci.

L’impatto dell’obesità sulla salute pubblica è diversificato. Oltre ad essere un fattore di rischio indipendente per numerose patologie croniche, l’obesità contribuisce significativamente all’onere economico dei sistemi sanitari. I costi diretti e indiretti associati all’obesità e alle sue complicanze rappresentano una percentuale considerevole della spesa sanitaria in molti paesi, con stime che indicano fino all’8% dei budget sanitari nazionali dedicati a questa condizione.

Anche la distribuzione dell’obesità nella popolazione è molto poco uniforme, mostrando disparità significative legate a fattori socioeconomici, culturali e geografici. Questo aspetto rileva la necessità di approcci differenziati e culturalmente adeguati nella prevenzione e nel trattamento dell’obesità.

Obesità: malattia cronica ad eziologia multifattoriale

L’obesità è oggi riconosciuta come una malattia cronica complessa, caratterizzata da un accumulo eccessivo o anomalo di tessuto adiposo che può compromettere la salute. La sua natura multifattoriale rende l’obesità una condizione particolarmente sfidante da prevenire e trattare. L’eziologia dell’obesità coinvolge infatti un’interazione molto articolata tra fattori genetici, ambientali, comportamentali e sociali. Come evidenziato nella letteratura scientifica, esistono varianti genetiche fortemente associate all’indice di massa corporea (Ref), sebbene l’obesità dovuta a una singola variante genica sia rara. L’ambiente poi gioca un ruolo sicuramente importante nell’espressione di queste predisposizioni genetiche, con i cosiddetti “ambienti obesogeni” che influenzano significativamente il rischio di sviluppare obesità (Ref).

La fisiopatologia dell’obesità è caratterizzata da una disregolazione importante del bilancio energetico in cui l’introito calorico giornaliero supera cronicamente il dispendio energetico giornaliero. Questo squilibrio è influenzato anche da complessi meccanismi neuroendocrini che regolano l’appetito, la sazietà e il metabolismo energetico. Ormoni come la leptina e la grelina giocano ruoli chiave in questi processi, e la loro disregolazione contribuisce allo sviluppo e al mantenimento dell’obesità.
L’obesità infatti non è (e non è mai stata) semplicemente una questione di eccesso di peso, ma una condizione che altera profondamente la fisiologia dell’organismo. L’eccesso di tessuto adiposo, specialmente quello viscerale, è metabolicamente attivo e secerne una varietà di ormoni e citochine pro-infiammatorie. Questo stato di infiammazione cronica di basso grado è alla base di molte delle complicanze associate all’obesità, tra cui l’insulinoresistenza, il diabete di tipo 2 e le malattie cardiovascolari (Ref). La natura cronica dell’obesità si manifesta inoltre anche nella tendenza alla recidiva dopo la perdita di peso che si dimostra essere uno dei fattori principali che innescano sentimenti di demotivazione profonda nei soggetti obesi a condurre uno stile di vita sano. Questo fenomeno è in parte dovuto a cambiamenti fisiologici e metabolici che si verificano durante il dimagrimento, inclusi adattamenti ormonali che favoriscono il recupero del peso perduto. Tali meccanismi rappresentano una sfida davvero significativa nella gestione a lungo termine dell’obesità.
Non va poi dimenticato che l’obesità e il sovrappeso costituiscono un fattore di rischio importante per lo sviluppo di alcune tipologie di cancro come si può vedere nell’immagine sottostante (Ref).

immagine grafica cancro e obesità
Tipologie di Cancro più frequentemente associate con Obesità e Sovrappeso. Fonte: https://www.niddk.nih.gov/health-information/weight-management/adult-overweight-obesity/health-risks

Riconoscere l’obesità come una malattia cronica multifattoriale è fondamentale perchè questo ha importanti implicazioni per il suo trattamento. Un approccio terapeutico efficace richiede interventi multidisciplinari che affrontino non solo l’eccesso di peso, ma anche i fattori sottostanti e le complicanze associate. Questo include modifiche dello stile di vita, supporto psicologico, e, in casi appropriati, interventi farmacologici o chirurgici.

Trattamento Nutrizionale dell’obesità: principali metodi di trattamento attuali

Il trattamento nutrizionale rappresenta un pilastro fondamentale nella gestione dell’obesità. Non è possibile in poche righe descrivere tutte le strategie nutrizionali oggi a disposizione per combattere l’obesità ma è possibile dare una visione d’insieme. L’approccio nutrizionale, in genere, si basa su interventi altamente personalizzati che mirano non solo alla riduzione del peso corporeo, ma anche al miglioramento della salute metabolica complessiva (e possibilmente a lungo termine).

Le linee guida attuali raccomandano un approccio multidisciplinare intensivo, che includa interventi comportamentali, nutrizionali e di attività fisica.

La restrizione calorica rimane un elemento chiave del trattamento nutrizionale.
Una riduzione calorica che varia dalle 500 alle 700 kcal al giorno pianificata sulla base del peso corporeo e dell’attività fisica svolta è generalmente consigliata per impostare una perdita di peso (Ref).
Le strategie di igiene alimentare sono poi fondamentali per combattere l’obesità e includono il controllo delle porzioni, la riduzione o l’eliminazione di alimenti ultraprocessati (come per esempio le bevande molto zuccherate) e un incremento nell’assunzione di frutta e verdura. Ovviamente le preferenze individuali e l’approccio comportamentale del paziente alle varie strategie alimentari fa la differenza nell’aderenza a lungo termine del paziente alla strategia proposta.

Gli approcci nutrizionali praticabili sono molti e molto diversificati. Tra questi troviamo sicuramente diete a basso contenuto di carboidrati (in cui meno del 40% delle calorie giornaliere arrivano dai carboidrati) e hanno mostrato una certa efficacia nel miglioramento dei parametri glicometabolici relativi alla glicemia, all’insulinoresistenza, trigliceridi e ad un aumento dei livelli di HDL-C.
La dieta mediterranea impostata sul consumo di verdura, frutta, pesce, legumi, cereali integrali, olio extravergine di oliva quando associata ad una adeguata attività fisica, ha sempre mostrato importanti benefici in termini di salute generale con un miglioramento dei parametri relativi all’emoglobina glicata e trigliceridi oltre che una riduzione del colesterolo LDL-C, della pressione pressione sanguigna e un incremento del colesterolo HDL-C.

Tra le strategie nutrizionali praticabili è opportuno indicare anche la dieta chetogenica detta anche VLCKD (Very Low Calories Keto Diet) di cui si riporta un Consensus Statement della Società Italiana di Endocrinologia pubblicato nel 2024. La dieta chetogenica è stata oggetto di accesi dibattiti nel corso degli ultimi anni in merito ai suoi effetti sul dimagrimento e sulla fisiologia metabolica del paziente. In particolare, per un certo periodo di tempo, si sono visti schieramenti di professionisti totalmente a favore e professionisti totalmente contro questa strategia alimentare. Negli ultimi anni però l’evidenza scientifica ha confermato l’efficacia della dieta chetogenica nel combattere l’obesità e tutte le patologie ad essa associate tra cui Diabete di Tipo 2, Insulinoresistenza, Sindrome Metabolica.
Sono molti gli approcci chetogenici che sono stati studiati ognuno con differenti schemi di distribuzione dei macronutrienti. Tra questi ricordiamo la dieta chetogenica classica, la Atkins Diet, la chetogenica ad alto contenuto di grassi e, appunto, la VLCKD. Affinchè una dieta possa definirsi “chetogenica” non dovrebbe superare un apporto glucidico giornaliero che vada oltre il 30/50 gr. di Carboidrati.
La VLCKD si caratterizza, in linea del tutto generale, per un apporto calorico di circa 800kcal al giorno e da 0.8/1.2g/kg di proteine al giorno e 20/30 gr. al giorno di grassi.
Questi dati tuttavia vanno sempre adattati al singolo paziente in base al metabolismo basale e al livello di attività fisica e quindi non sono generalizzabili.

È importante notare che come sappiamo non esiste un approccio nutrizionale che sia valido per tutti. La scelta del modello dietetico dovrebbe sempre basarsi sulle preferenze individuali, sul rischio metabolico e sulla probabilità di aderenza a lungo termine al piano nutrizionale pianificato dallo specialista. Infatti è cruciale considerare l’approccio a lungo termine. Il mantenimento del peso perduto rappresenta spesso la sfida più grande, richiedendo strategie di supporto continuative e personalizzate.

Trattamento farmacologico dell’obesità: attuali pratiche cliniche farmacologiche per il trattamento dell’obesità

Il trattamento farmacologico dell’obesità ha visto significativi progressi negli ultimi anni, offrendo nuove opzioni per i pazienti che non rispondono adeguatamente agli interventi sullo stile di vita.
Attualmente, diversi farmaci sono approvati per il trattamento a lungo termine dell’obesità, da utilizzare in combinazione con necessarie e irrinunciabili modifiche dello stile di vita.

In linea molto generale il trattamento farmacologico dell’obesità è raccomandato per pazienti con un indice di massa corporea (BMI) ≥30 kg/m² o ≥27 kg/m² in presenza di almeno una comorbidità legata all’obesità (Ref). La ridotta aderenza del paziente ai tentativi di modifica dello stile di vita e del cambiamento delle abitudini alimentari precedentemente intrapresi è sicuramente un fattore che è necessario considerare nella raccomandazione della terapia farmacologica per il trattamento dell’obesità (Ref).

Secondo la rivista Science i farmaci cosiddetti Analoghi del GLP-1 come la Semaglutide o la Liraglutide sono le molecole che offrono una speranza concreta nel trattamento farmacologico dell’obesità a lungo termine.
Si tratta di farmaci in uso per il trattamento del Diabete di Tipo 2 ma che possono trovare applicazione anche in alcune (selezionate) forme di obesità.
Queste molecole mimano l’attività del GLP-1 un ormone che stimola la produzione di insulina dalle beta-cellule pancreatiche e riduce la produzione di glucagone. Hanno un effetto che ritarda lo svuotamento gastrico e un effetto sul controllo della glicemia. Questa combinazione di effetti li rende molto interessanti per le persone obese tanto che in alcuni periodi si è assistito ad una carenza di queste molecole per il trattamento ordinario dei pazienti affetti da Diabete di Tipo 2 dovuta ad una corsa sconsiderata all’uso di queste molecole (spesso impropriamente) per ottenere un dimagrimento.

Un’altra molecola di interesse è la Tirzepatide che agisce anch’essa sul recettore del GLP-1 ma anche sui recettori del GIP (Polipeptide Insulinotropico Glucosiodipendente). Si tratta di recettori localizzati nell’intestino ma anche nei reni, nel cuore e nelle cellule alfa e beta del pancreas.
La Tirzepatide esercita un effetto sul controllo glicemico normalizzando la glicemia sia a digiuno che in fase post-prandiale nei pazienti affetti da Diabete di Tipo 2 e esercita un azione sulla riduzione del peso corporeo attraverso un’azione di regolazione dell’appetito aumentando il senso di sazietà e riducendo la sensazione di fame.

Anche se scontato e banale è sempre molto importante ricordare che la scelta del farmaco, oltre ad essere di esclusiva competenza medica e di nessun’altra figura autorizzata a formulare diete e piani nutrizionali (es. Dietisti o Biologi Nutrizionisti) deve essere attentamente personalizzata, considerando l’efficacia, gli effetti collaterali, le controindicazioni di questi farmaci oltre che le preferenze del paziente. Inoltre, il trattamento farmacologico dovrebbe essere considerato come parte di un approccio a lungo termine, data la natura cronica dell’obesità.

Il trattamento farmacologico dell’obesità sicuramente offre opzioni molto promettenti per migliorare significativamente la gestione del peso e la salute metabolica di pazienti selezionati con comorbidità legate ad una condizione metabolica complessa. Tuttavia, è fondamentale che questi trattamenti siano somministrati sempre in stretta combinazione con interventi sullo stile di vita per massimizzarne l’efficacia e la sicurezza a lungo termine.

Conclusioni

L’obesità è un problema molto complesso e alla luce delle evidenze presentate, possiamo trarre diverse conclusioni chiave:

  1. Innanzitutto ribadiamo che L’obesità è una malattia cronica multifattoriale, influenzata da fattori genetici, ambientali e comportamentali.
  2. Il trattamento nutrizionale rimane il cardine della gestione dell’obesità. Le strategie evidence-based includono la restrizione calorica, l’adozione di modelli alimentari specifici ma è cruciale che questi approcci siano personalizzati e sostenibili a lungo termine per il paziente. Il rischio, in caso contrario, è quello di alimentare la demotivazione del paziente ad attenersi ad una corretta igiene alimentare.
  3. I progressi nella scoperta di nuove molecole farmacologiche per il trattamento dell’obesità offrono oggettivamente nuove speranze per i pazienti che non rispondono adeguatamente alle modifiche dello stile di vita. In particolare, i nuovi agonisti del recettore del GLP-1 e il tirzepatide hanno mostrato risultati promettenti, con perdite di peso medie che superano il 15-20% in alcuni studi clinici.
  4. E’ fondamentale riconoscere che non esiste una soluzione unica a questo problema complesso e che la scelta del trattamento deve prevedere una inevitabile sostenibilità a lungo termine in quanto il mantenimento del peso perduto rimane una sfida piuttosto significativa e sottolinea l’importanza di strategie di supporto che siano continuative, ben organizzate e che prevedano un monitoraggio del paziente il più possibile regolare e sistematico.


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